«Io? Romanista dal 1970. Avevo 14 anni: dal giorno della semifinale di Coppa delle Coppe contro il Gornik Zabrze». Parole di Zibì Boniek al quotidiano “Il Romanista” nel dicembre 2004. Boutade o meno, sembra proprio che Boniek abbia sempre avuto Roma nel destino, ben prima del suo arrivo in giallorosso nel 1985.
La Roma lo segue già nel 1982, l’affare sembra quasi concluso (Viola è pronto a pagare due milioni di dollari in tre rate al Widzew Lodz), quando però si inserisce la Juventus, che lo ingaggia insieme a Platini prima dei Mondiali in Spagna. Nelle settimane precedenti Zibì, in visita a Roma con la moglie, era rimasto ammaliato dalle bellezze della Città Eterna, ma il matrimonio giallorosso, per ora, non si celebra. Nonostante quel feeling che Boniek fa risalire addirittura al 1970, in occasione della tripla sfida tra i giallorossi e i polacchi del Gornik, risolta drammaticamente da un sorteggio dopo l’1-1 dell’Olimpico, il 2-2 di Katowice e l’1-1 dello spareggio a Strasburgo (all’epoca i gol in trasferta non valevano doppio e non erano previsti i calci di rigore dopo i supplementari).
Nato il 3 marzo 1956 a Bydgoszcz, in Polonia, Zbigniew Kazimierz Boniek mastica calcio sin da bambino: suo padre Joseph è un difensore professionista in Serie B mentre il fratello Roman gioca centravanti prima di essere fermato da un infortunio. Dopo le prime esperienze nella seconda divisione polacca con il Zawisza Bydgoszcz, squadra della sua città, Boniek si afferma nel Widzew Lodz, club di punta in Polonia, con cui vince due scudetti (1980-81 e 1981-82). E’ apprezzato per la sua classe, ma è conosciuto anche per il suo carattere esuberante. Nei nove anni di militanza nel Widzew si becca quattro mesi di squalifica per un duro diverbio con alcuni giornalisti che non voleva far salire sul pullman della squadra e otto mesi di stop per aver manifestato il proprio dissenso per l’esclusione del portiere della sua nazionale, Jozef Mlynarczyk, colpevole di aver bevuto troppo prima di una partita.
Amante del poker, del bridge e dei film con Marlon Brando, Zibì Boniek non è ancora arrivato nel nostro campionato che già subisce il fascino della Città Eterna. Il 12 dicembre 1981 è a Roma per far visita al connazionale Papa Giovanni Paolo II, poi, dopo aver assistito a Napoli-Inter (2-0) di campionato, il 14 dicembre si presenta addirittura a Trigoria, facendo qualche tiro in porta e chiacchierando con Falcão, Di Bartolomei e soprattutto con Liedhom. Torna nuovamente nella Capitale un paio di mesi più tardi con la sua nazionale, che affronta in amichevole la Roma il 17 febbraio 1982 (finisce 2-2 con reti di Spinosi, Pruzzo e doppietta proprio di Boniek). Ne approfitta per fare il turista con la moglie Wieslava, laureata in lingue e letteratura francese. L’Intrepido Sport racconta di un Zibì che ammira il Colosseo, i Fori Imperiali, le Terme di Caracalla, l’Appia Antica e la Fontana di Trevi.
Zbigniew Boniek sbarca a Torino il 20 luglio 1982, dopo i Mondiali spagnoli chiusi al terzo posto dalla sua nazionale. Nella Juventus gioca tre anni con il suo stile inconfondibile, palla al piede e galoppate ingobbito verso la porta avversaria. Sa fare anche altro, ha buone geometrie, si sa inserire in area di rigore, ha un tiro potente e vede la porta. A Torino Boniek diventa il “Bello di notte”, da una definizione di Gianni Agnelli, in relazione al fatto che spesso si esalta nelle partite serali delle coppe europee. E infatti nella Juventus vince una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea oltre a uno scudetto.
Arriva alla Roma, con tre anni di ritardo, nell’estate del 1985, e si inserisce a meraviglia negli schemi di Sven Goran Eriksson. Il presidente Dino Viola lo ingaggia rischiando un po’: ha già in organico Falcão e Cerezo e gli stranieri permessi, all’epoca, sono soltanto due. Il patron giallorosso però ha iniziato una vertenza contro il “Divino” ed è convinto di vincerla, come in effetti accade. «Ho scelto Roma e sono contento perché ho trovato una stupenda città e un pubblico appassionato – dice Boniek qualche mese dopo il suo arrivo –la società non ha nulla da invidiare alla Juventus».
Dotato di classe e forza atletica (è alto 1,81 e pesa 76 chili), il 29enne Zibì Boniek regge bene i ritmi del gioco a zona imposti dall’allenatore Eriksson. E’ un centrocampista offensivo che all’occorrenza può fare la seconda punta. La sua vendetta sui bianconeri, che l’hanno lasciato partire senza troppi rimpianti, non si compie per un soffio. Nel 1985-86 la Roma conduce un girone di ritorno eccezionale, rimontando 8 punti alla Juventus e raggiungendola a due giornate dalla fine. Poi però butta tutto al vento perdendo 3-2 in casa con il Lecce già retrocesso. «E’ uno dei ricordi peggiori della mia carriera – racconta Boniek nel 2006 – quella squadra giocava un calcio straordinario». Almeno nello scontro diretto del ritorno la Roma batte 3-0 la Juve con Zibì in campo. Il suo rendimento è pregevole: segna 7 reti in campionato e una nella Coppa Italia che i giallorossi vincono proprio in quella stagione. Il centrocampista polacco però non disputa la parte conclusiva del torneo perché impegnato con la nazionale nei Mondiali in Messico.
Blando fumatore, evita di comprarsi le sigarette per non esagerare e quindi le scrocca a Bruno Conti prima e a Tonino Tempestilli poi. Giocatore duttile, viene provato da Eriksson anche come libero, ruolo in cui Zibì si esprime benissimo. Con il tecnico svedese ha però qualche dissapore nella stagione che porta al suo esonero, a due giornate dalla conclusione del campionato ’86-87.
Nella Capitale torna Liedholm e i giallorossi ottengono un apprezzabile terzo posto nel 1987-88. Zibì Boniek fornisce il consueto alto livello di rendimento e ha soltanto un passaggio a vuoto, proprio contro la Juve, a Torino: l’11 ottobre 1987 si fa parare un rigore da Tacconi e poi devia leggermente il tiro di Cabrini che dà la vittoria ai bianconeri. Lascia il calcio in punta di piedi nel 1988, a soli 32 anni e in piena efficienza fisica, senza aver mai giocato il derby della Capitale perché, nelle tre stagioni in cui milita nella Roma, la Lazio è in Serie B.
Nella nazionale polacca debutta ventenne il 24 marzo 1976, a Chorzow, perdendo 2-1 contro l’Argentina e vi gioca 80 partite (di cui 11 da capitano) segnando 24 gol. Partecipa ai Mondiali del 1978, del 1982 (nel quale la Polonia si classifica terza) e del 1986 (da capitano). Nel 1982 arriva terzo nella classifica del Pallone d’oro, dietro a Paolo Rossi e Alain Giresse. Disputa l’ultimo match con la Polonia il 23 marzo 1988, pareggiando 1-1 a Belfast contro l’Irlanda del Nord. Il 5 febbraio 1992 il settimanale di Cracovia “Gol” lo nomina miglior giocatore polacco di sempre davanti a Lubanski, Deyna, Lato e Mlynarczyk. Nel marzo 2004 Pelé lo inserisce tra i migliori 100 calciatori di sempre al mondo tra quelli ancora in vita.
Come allenatore Boniek fallisce: l’8 maggio 1990, a campionato già concluso, viene nominato ufficialmente tecnico del Lecce in Serie A al posto di Carlo Mazzone. Esordisce così in panchina guidando i salentini per un intero campionato e retrocedendo in Serie B a conclusione della stagione 1990-91. Il 18 settembre 1991 è nominato allenatore del Pisa, ma il giorno successivo lascia la società toscana per un diverbio con il vulcanico presidente Anconetani. Il 30 settembre diventa così allenatore del Bari al posto di Gaetano Salvemini, ma retrocede ancora in Serie B e a maggio del 1992 si congeda dai biancorossi.
Nella stagione successiva ci riprova nella Sambenedettese (Serie C1, girone A): subentra il 30 dicembre 1992 per poi dimettersi il 29 marzo 1993, ma il club marchigiano gli rinnova la fiducia: dura poco perché una settimana dopo, il 4 aprile 1993, in seguito a un deludente 0-0 con la Massese, Zibì Boniek viene esonerato. Nella primavera del 1995 torna in campo in un campionato italiano di calcetto per vecchie glorie, ma a metà maggio è chiamato sulla panchina dell’Avellino in Serie C1. Riesce a guidare con successo gli irpini alla promozione in Serie B attraverso i playoff, ma all’inizio della stagione successiva, dopo un punto in quattro giornate, viene sostituito con Corrado Orrico. Il 7 luglio 2002 è nominato commissario tecnico della nazionale polacca, ma resiste cinque mesi, lasciando l’incarico il 3 dicembre dopo due gare vinte, un pareggio e due perse. Sconfitto come allenatore, diventa un godibile e pungente opinionista televisivo, soprattutto alla Domenica Sportiva e nel 2012 viene eletto presidente della Federcalcio polacca. Le figlie si danno al tennis con discreti risultati, soprattutto da ragazzine: Karolina (nata il 26 novembre 1977) sposa l’ex tennista Vincenzo Santopadre mentre Camilla (nata il 18 marzo 1991) lavora nella moda. Papà Zibì resta a vivere a Roma, il suo cuore è qui. «Tifo per la Roma, ma questo non significa che tifo contro la Juventus – racconta Boniek alla Gazzetta dello Sport del 3 ottobre 2014 – mi sono fermato qua, c’era il Papa polacco, i miei figli andavano a scuola… Non me la sono sentita di tornare subito in Polonia. E ci sono rimasto trent’anni».
Fonti: Ansa, Intrepido Sport, Il Romanista, La Gazzetta dello Sport.