Affidabile ed esplosivo nonostante la bassa statura, Franco Tancredi è stato il portiere della grande Roma di Liedholm, capace di vincere il secondo scudetto della storia giallorossa nel 1983. Abruzzese di Giulianova, dove è nato il 10 gennaio 1955, Franco Tancredi diventa professionista in Serie C, nella squadra della sua città, che per un segno del destino indossa maglie giallorosse ed è stata fondata da Italo Foschi nel 1924, tre anni prima che fondasse la Roma. Viene lanciato in campionato dal tecnico Giovan Battista Fabbri, nel corso della stagione 1972-73, ancora oggi ricordata come la migliore della storia del Giulianova, secondo nel girone B di Serie C, dietro alla Spal.
Nel 1974 viene acquistato dal Milan, con cui gioca soltanto 3 partite di Coppa Italia in due anni, ma fa tanta esperienza alle spalle di Enrico Albertosi e con Pierluigi Pizzaballa che gli fa da chioccia. Franco Tancredi arriva alla Roma in sordina, nell’estate del 1977, dopo una stagione da titolare in Serie B nel Rimini, per fare il secondo a Paolo Conti, saldamente tra i pali e riserva di Zoff in nazionale. L’esordio in giallorosso e in Serie A è datato 28 gennaio 1979 quando sostituisce Conti nell’intervallo di Roma-Verona (2-0 con doppietta di Ugolotti), facendosi subito notare per qualche parata importante.
All’inizio della stagione successiva Conti entra in crisi, viene contestato e così Liedholm decide di schierare tra i pali il piccolo ragazzo di Giulianova. L’ex titolare ritrova il posto per qualche partita, ma Tancredi l’ha ormai scalzato: dal 27 aprile 1980 al 29 gennaio 1989 Franco Tancredi non salta neanche neanche un incontro di campionato raccogliendo 258 presenze consecutive in Serie A, secondo soltanto a Dino Zoff, autore della serie record con 332 partite di fila.
La giornata che consacra Franco Tancredi a nuovo idolo dei tifosi è il 17 maggio 1980. A Roma si gioca la finale di Coppa Italia in gara unica, tra i giallorossi e il Torino, che viene decisa ai rigori. E’ un’incredibile altalena di emozioni, come in un thriller: il romanista Giovannelli si fa parare il tiro da Terraneo e poi Mandorlini spiazza Tancredi; Bruno Conti segna, ma Mariani porta il Torino sul 2-1; De Nadai si fa ipnotizzare da Terraneo, Tancredi però compie la prima impresa bloccando il pallone calciato da Greco e si resta sul 2-1; Di Bartolomei tira centrale e Terraneo para, ma Graziani spreca il match-point granata calciando alto; Santarini segna tenendo a galla la Roma e ora Pecci ha sul piede il secondo match-point per il Torino: il portiere giallorosso però blocca ancora la sfera di cuoio, entusiasmando i tifosi sugli spalti. Si va ai rigori a oltranza: Ancelotti non fallisce mentre Tancredi neutralizza il terzo penalty, stavolta in tuffo su Zaccarelli. La Coppa Italia è giallorossa e il Corriere dello Sport del giorno successivo titola: “Tancredi dice Roma”.
I rigori diventano la sua specialità: il suo segreto è rimanere fermo fino all’ultimo istante per non dare al tiratore nessuna indicazione su dove si tufferà. Alto soltanto 1,76, Tancredi è freddo, elastico e scattante come una molla. Ha anche personalità: alla vigilia del celebre Juve-Roma del 10 maggio 1981, che decide lo scudetto per il gol annullato a Turone, il numero uno giallorosso ostenta sicurezza: «I portieri migliori? – dice – siamo io, Castellini e Zoff alla pari. Se proprio ne devo scegliere uno dico Zoff, ma solo perché è più esperto».
Qualche settimana dopo regala un’altra Coppa Italia alla Roma, ancora ai rigori contro il Torino, stavolta fuori casa. Il 17 giugno 1981 il portierino abruzzese para i tiri di Pecci e Graziani, trionfando nuovamente. Sempre concentrato, è tra i pali per tutta la splendida cavalcata dello scudetto 1982-83. Franco Tancredi non sbaglia un colpo: sono proverbiali i suoi allenamenti “extra” con Liedholm che, forte del suo passato da mezzala, si diverte come un ragazzino a tirare palloni al fulmicotone contro il portiere romanista, che alla fine esce dal campo sfinito.
Il 26 settembre 1984, a 29 anni, arriva finalmente l’esordio in nazionale (Italia-Svezia 1-0 a Milano). Tancredi entra in ballottaggio con Giovanni Galli, sembra soffiargli il posto, ma per il Mondiale in Messico del 1986 il ct azzurro Enzo Bearzot, forse consigliato da Dino Zoff che è suo collaboratore, gli preferisce il portiere toscano, che peraltro delude. L’avventura in nazionale per Tancredi si chiude comunque lì, con 12 presenze e qualche rimpianto.
Il 13 dicembre 1987 è il giorno del grande spavento: a San Siro si gioca Milan-Roma e, sullo 0-0, le due squadre rientrano in campo per giocare il secondo tempo. La Roma sta per battere il calcio d’inizio quando si ode un boato e si vede un lampo sotto la curva dove si trovano i “Commandos Tigre” rossoneri. Un petardo lanciato dalle gradinate ha appena colpito Franco Tancredi al ginocchio e il portiere giallorosso cade a terra, chiedendo aiuto. Passano pochi secondi e viene lanciato un altro petardo che gli esplode sul petto facendolo svenire. «Sembrava morto», racconta il terzino romanista Tonino Tempestilli. Tancredi è girato su un fianco, immobile, e il dottore Alicicco, con il massaggiatore Marinucci, si accorge che è in arresto cardiaco. Immediatamente lo soccorrono praticandogli il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Il cuore di Tancredi riprende a battere, ma il giocatore rimane privo di sensi per 20 minuti e in stato di choc per trequarti d’ora, con la pressione a 200.
Il medico Alicicco parla anche di una ipomobilità delle gambe (semiparalisi, per intenderci) che scompare pian piano con il passare delle ore. Trasportato all’Ospedale San Carlo di Milano, ne esce la sera con una prognosi di 7 giorni, di nuovo cosciente, ma ancora un po’ stordito. La Roma, con il 17enne Angelo Peruzzi tra i pali, perde la partita 1-0, ma il giudice sportivo, qualche tempo dopo, le assegna la vittoria a tavolino per 2-0. Tancredi torna a giocare dopo pochi giorni e proprio con Peruzzi, nella stagione successiva, entra in ballottaggio fino a interrompere la sua serie di 258 partite consecutive. E’ lo stesso Tancredi a mettersi da parte dopo aver preso due gol balordi da Borgonovo della Fiorentina: «Mi tolgo un peso – dice serenamente – voglio mettere fine a questo scontento (di stampa e alcuni tifosi, n.d.r.) se il vero male della Roma sono io». In realtà è tutta la Roma (quella di Renato e Andrade, per capirci) a stentare. Tancredi tornerà titolare, ma ormai la fiducia è finita e nel 1989-90 è destinato a fare il secondo a Giovanni Cervone.
Nell’estate del ’90 passa al Torino, dove è numero dodici, e quando torna da avversario, sia pur in panchina, il 24 febbraio 1991, i tifosi gli dedicano due striscioni e tanti applausi. «La loro accoglienza mi ha commosso – dice – ero così emozionato che mi sono augurato di non dover entrare. Mi sento giallorosso a vita e oggi sono l’uomo più felice del mondo». Proprio per questo decide di giocare, pochi lo sanno, l’ultima partita con la maglia della Roma, in occasione dell’addio al calcio di Bruno Conti, il 23 maggio 1991. Il Torino infatti è impegnato a giugno nella Mitropa Cup, Tancredi potrebbe disputare ancora qualche partita, ma risponde “no grazie” e lascia il calcio. Diventa immediatamente preparatore dei portieri giallorossi e addirittura si parla di un suo clamoroso ritorno in campo due anni dopo, nel giugno 1993, quando la Roma deve affrontare la finale di Coppa Italia senza il titolare Cervone e il suo vice Zinetti, entrambi squalificati. Tancredi, ancora in forma, si dice pronto, ma alla fine viene dato spazio al giovane Patrizio Fimiani. «Si allenò di nascosto per una settimana – ha rivelato al Corriere dello Sport del 5 agosto 2016 Giampaolo Di Magno, portiere della Primavera, panchinaro nella doppia finale – poi capì di non farcela e alla fine toccò a Fimiani».
Continua la sua avventura di preparatore dei portieri della Roma fino al 2004 tra prima squadra e giovanili (viene “retrocesso” dal 1997 al 2003). Poi segue Fabio Capello alla Juventus, con una partenza improvvisa e silenziosa che fa gridare al tradimento. Nessuna spiegazione, nessun saluto. I tifosi ci rimangono male e da quel giorno gli voltano le spalle. Tancredi si rivede all’Olimpico, e gioca per qualche minuto, in occasione della festa degli 80 anni della Roma del 26 luglio 2007, ma viene coperto di fischi. Qualche settimana dopo dà la sua verità al “Romanista”: «Non spiegai i motivi alla base della mia scelta, né con i miei amici alla Roma, né pubblicamente. Non mi sembrava il momento, le circostanze erano particolari. Scelsi di andar via, e su questo nessuno avrebbe potuto rimproverarmi nulla, ma lo feci in silenzio e questo fu uno sbaglio di cui poi mi sarei pentito. Purtroppo fa parte del caratteraccio che ho. Sono fatto così, mi chiudo nel mio silenzio e guardo avanti. L’ho detto, ho sbagliato, non parlai neanche con i miei amici della Roma, non ho neanche salutato».
Qualcuno l’ha perdonato, altri no, ma Tancredi resta un pezzo importante di storia con i suoi 26 anni in giallorosso che diventano 27 quando torna ancora a lavorare a Trigoria come preparatore dei portieri, nel 2011-12. Dopo le esperienze con Capello al Real Madrid, dove allena Casillas, e nella nazionale inglese, Franco Baldini lo vuole con sé nella nuova Roma “americana”, al fianco di Luis Enrique. Il ritorno in giallorosso dura però soltanto una stagione perché, complice il malumore del portiere romanista Stekelenburg, viene rimosso dall’incarico. Successivamente Franco Tancredi non segue Capello nella nazionale russa e torna a vivere a Roma per poi riprendere a lavorare, voluto da Christian Panucci, nell’estate 2015 al Livorno.
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