A pensarci bene Antonio Cassano è un grande rimpianto per la Roma. O forse per l’intero calcio italiano. Giocatore di immenso talento, ma anche tanta sregolatezza, Cassano ha lasciato i colori giallorossi a soli 23 anni, troppo presto per diventare una bandiera, ma avendo avuto tempo sufficiente per mostrare il suo genio calcistico.
Il “talentino di Bari Vecchia” arriva alla Roma 19enne, nell’estate del 2001, subito dopo il terzo scudetto, voluto dal presidente Franco Sensi. E’ nato il 12 luglio 1982, il giorno successivo alla vittoria dell’Italia di Enzo Bearzot nei Mondiali di Spagna. Mamma Giovanna, bidella, lo cresce con amore mentre papà Gennaro, netturbino, ha un’altra famiglia con quattro figli. Proprio la partenza per Roma sancirà il definitivo distacco di Antonio Cassano dal padre, con il quale non avrà più contatti. Quando Gennaro morirà, il 3 gennaio 2010, Antonio non andrà neanche al funerale.
Da ragazzino tira i primi calci nella Pro Inter, piccola società di Bari. Nel 1993 fa tre giorni di prova con l’Inter, quella vera, sotto gli occhi di Giampiero Marini e Benito Lorenzi, ma la mamma non vuole lasciarlo a Milano e non se ne fa nulla. L’anno successivo stesso epilogo con il Parma. Poi, finalmente, il Bari lo nota e lo acquista per 15 milioni di lire: due anni in Serie A e lampi di talento puro permettono alla società pugliese di rivenderlo alla Roma per 55 miliardi di lire.
Carlo Zampa, speaker dell’Olimpico, lo ribattezza “Peter Pan”. Lui, in campo, delizia i tifosi giallorossi. Fuori dal terreno di gioco è di un’allegria dilagante, ama gli scherzi, qualche volta esagera. «Nel mio dna c’è il calcio e il divertimento», racconta nel 2002. Diventa amico stretto di Francesco Totti mentre Vincenzo Montella lo accoglie nella sua camera. In quella stagione d’esordio parte quasi sempre dalla panchina, ma riesce ugualmente a mostrare buoni numeri. Il 13 gennaio 2002, contro il Verona (3-2), Antonio Cassano realizza il primo gol in campionato in giallorosso e si emoziona: «Mi sono commosso quando i miei compagni mi hanno abbracciato – racconta dopo la partita – dedico il gol a mia madre e al pubblico che mi acclama sempre. Subito dopo la rete ho pensato solo a fare in fretta a tornare a centrocampo per vincere la partita».
Nella stagione successiva arriva la prima marachella romana, il 2 novembre 2002, quando non si presenta all’allenamento in vista della partita con il Perugia perché deluso dal fatto che Capello non ha intenzione di schierarlo nella formazione titolare. «Noi cerchiamo di aiutarlo – dice sconsolato l’allenatore giallorosso – lo aiuteremo ancora, ma lui ha preso questa decisione». Capello diventa come un padre per Cassano, talvolta severo, altre volte comprensivo.
Nascono così le “Cassanate”, per la verità già note, ad esempio, al commissario tecnico dell’Italia Under 21 Claudio Gentile. Le sue bizzarrie, fin dai tempi di Bari, non si contano: getta nel water le scarpe dei compagni di squadra, scrive sui muri delle stanze d’albergo, buca il fondo dei bicchieri di plastica durante un rinfresco, fa un tunnel a un avversario e poi gli urla «non fare come tua madre, chiudi quelle gambe» (accade quando è ragazzino e poi scoppia una rissa), gira con il dito il cappuccino di Batistuta. Il 31 maggio 2003, nella finale contro il Milan, che si aggiudica la Coppa Italia ai danni della Roma, manda a quel paese l’arbitro Rosetti, gli punta il dito contro e poi gli dà del cornuto facendo il gesto con la mano. Scontata l’espulsione.
Ci sono però anche tanti lampi di classe e gol da ricordare: il 5 maggio 2002 affonda il Torino con un morbido tocco di sinistro, il 5 febbraio 2003 trafigge la Lazio in Coppa Italia di testa e l’8 marzo firma il pareggio, ancora di testa allo scadere, nuovamente nel derby, stavolta in campionato. Il 6 aprile fulmina Toldo dell’Inter con una puntata di destro sotto l’incrocio da 20 metri, il 4 dicembre 2005, poco prima di andarsene, infila la porta del Lecce con uno stupendo pallonetto da 20 metri.
Di Cassano citiamo un ricordo del compagno di squadra Walter Samuel, che in un’intervista alla “Gazzetta dello Sport” del 30 novembre 2018 lo indica con il calciatore che l’ha messo maggiormente in difficoltà: «Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico: “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto».
La sua stagione migliore è il 2003-2004, l’ultima di Capello, quando la Roma arriva seconda dietro al Milan. “Fantantonio” si esalta, circondato da gente come Totti, Montella, Mancini, Emerson e De Rossi. L’8 febbraio 2004 la Roma affronta la Juventus annientandola. Finisce 4-0 con Cassano che subisce il fallo del rigore del 2-0, segna la terza rete con un preciso tocco di sinistro (ed esulta spaccando la bandierina del calcio d’angolo) e cala il poker con un colpo di testa sotto l’incrocio su preciso cross di Mancini. Il 22 febbraio ne fa addirittura tre contro il Siena, battuto 6-0, mentre il 7 marzo, nel 4-1 all’Inter, apre le marcature al 45’ e poi serve ad Amantino Mancini la palla del quarto gol dopo essersi liberato di un difensore con un numero di tacco.
Il declino di Antonio Cassano inizia con l’addio di Capello alla Roma. “Fantantonio” litiga con il nuovo allenatore Cesare Prandelli già in ritiro, nell’estate del 2004, poi manda a quel paese Rudy Völler, successore di Prandelli, e viene messo fuori rosa da Gigi Delneri, subentrato al tedesco, salvo poi arrivare a un chiarimento. Si sente un fenomeno e bisticcia con qualche compagno. Candela glielo fa notare e gli dice: «Guarda che non sei Maradona», lui risponde seccato: «Zitto tu, che non giochi da due anni».
In campo il suo rendimento cala e anche i tifosi iniziano a voltargli le spalle. I romanisti si dividono tra chi ormai lo detesta e chi invece continua ad amarlo per il suo talento. Non giova il rendimento della squadra, che raggiunge la salvezza solo alla penultima giornata, proprio grazie al gol vittoria di Cassano a Bergamo contro l’Atalanta, il 22 maggio 2005. Qualche settimana dopo sulla panchina della Roma arriva Luciano Spalletti e le cose non cambiano. Già a luglio il nuovo allenatore gli toglie i gradi di vicecapitano, ma non serve a niente. Gioca sempre meno, ingrassa, finisce ai margini della squadra. Anche con Totti ormai non va più d’accordo da tempo. Nella finestra invernale di mercato Spalletti, in sintonia con la società, decide di mandar via Antonio Cassano, che viene ceduto in prestito al Real Madrid. Sarà una coincidenza, ma la Roma infila una serie record di undici vittorie consecutive proprio dopo l’addio del barese. Non viene rimpianto dai tifosi che lo dimenticano in fretta. Eppure come è possibile dimenticare quelle serate contro Inter e Juventus? Peccato, Fantantonio.