MERCOLEDÌ 9 MARZO 1927. Il quotidiano “L’Impero” riporta nella sua pagina sportiva un articolo del settimanale livornese “Battaglie Sportive” che parla anche della necessità di rendere più forti e competitive le squadre della Capitale. Nel pezzo, intitolato “la questione romana”, si sottolinea la contrapposizione tra formazioni del centro-sud e quelle del nord.
«La cattiva posizione in classifica delle squadre centro-meridionali, e particolarmente della Fortitudo e del Napoli, costituisce una specie di spasso per tutti coloro che, nell’inclusione delle tre squadre del sud nella Divisione d’Onore, videro una specie di attentato alla loro dignità personale. Se l’Alba perde, se la Fortitudo perde, se il Napoli perde, qui signori son tutti lieti di poter proclamare ai quattro venti che i tre undici battuti non sono ancora maturi per la massima divisione e che fu grave errore ammetterli di autorità in una categoria della quale fa parte tutta l’elite del Calcio Italiano».
«Conclusione: gli undici di Roma e di Napoli non sono che i “parvenus” (persone di umili origini che si sono arricchite rapidamente, n.d.r.) riusciti a penetrare di contrabbando in un mondo che non è loro. Sarà perciò opportuno, per la stessa dignità delle squadre “elette” che, come è noto, discendono tutte dalle Crociate, ricacciare gl’intrusi nell’ambente dal quale son venuti».
«Curiosa però: quando la Fortitudo riuscì a battere il Torino a Roma, dopo aver battuto la Doria a Genova, noi avemmo il piacere di leggere, nei commenti di quei signori, affermazioni e conclusioni molto diverse da quelle citate. Sia che vincano o che perdano, le squadre del Sud sono sempre “immature”. Se perdono perché… perdono: se vincono perché la loro vittoria fu strappata di fortuna ad un undici sceso in campo, e si capisce, con eccessiva fiducia nelle proprie forze. Insomma, per le squadre del Sud non c’è paradiso, ma soltanto l’inferno della retrocessione».
LE SQUADRE DEL CENTRO-SUD DANNO FILO DA TORCERE AGLI AVVERSARI
«Noi, pure non esagerando il valore delle tre squadre del Sud, sosteniamo una tesi diametralmente opposta a quella dei vari Peccei della penisola. Sosteniamo che, sarebbe grave ingiustizia escludere, così di punto in bianco, dalla Divisione Nazionale, tre squadre che se non altro hanno dimostrato di possedere magnifiche doti di volontà e di energia, non piegando ai primi insuccessi, ma rimanendo saldamente in campo fino alle ultime battute del campionato. La storia, non la storia “ad usum delphini”, ma la storia autentica, degli incontri disputati dalle tre squadre, due delle quali sembrerebbero definitivamente spacciate (Fortitudo e Napoli, n.d.r.), mentre la terza (l’Alba, n.d.r.) pericola, ci dice che i calciatori del Mezzogiorno non furono mai alla mercé di quelli del Settentrione e che questi, per vincere, dovettero, il più delle volte, impegnarsi a fondo».
FERRARIS E COMPAGNI MERITANO UN’ALTRA OCCASIONE
«Prendiamo la Fortitudo, che è la squadra che abbiamo visto alla prova sul terreno di villa Chayes (il campo del Livorno, n.d.r.). La Fortitudo dovrebbe passare, armi e bagagli, in Prima Divisione. Anzi: per i diversi Peccei che allietano il giornalismo italico, quel condizionale non ha nessuna ragione di esistere. Per essi, infatti, la Fortitudo è irrimediabilmente condannata. È giusto? Per i Peccei sì, per noi, no».
«Abbiamo vivo il ricordo della partita giocata a Livorno della Fortitudo. Primo tempo: 3 a 0. I romani sembrano liquidati. Ed ecco che, nel secondo tempo, l’undici di Ferraris, non solo riesce a contenere l’offensiva avversaria, ma passa decisamente all’attacco: 1 a 0. Una sola porta è violata nella ripresa ed è la porta di Lipizer (portiere del Livorno, n.d.r.). Quando una squadra fa questo e, si noti, contro un Livorno in piena efficienza, non è una squadra da buttarsi via. Diciamo la verità: quante altre squadre hanno, a villa Chayes, combattuto con altrettanto vigore ed altrettanto valore?».
SQUADRE IMMATURE, MA POSSONO CRESCERE
«E poi prendiamoli, uno per uno, questi “pessimi” risultati delle squadre romane. L’Alba è sconfitta a Milano dall’Internazionale per 2 a 1; la Fortitudo perde a Bologna per 2 a 1 ed a Torino sul campo babau (spauracchio, n.d.r.) per 4 a 0, dopo aver mantenuta inviolata la propria rete per tutto il primo tempo. Son risultati catastrofici? Non ci sembra».
«Ma prescindiamo da tutto questo. Se le squadre del Sud non sono ancora preparate moralmente ai grandi incontri non hanno né tattica, né autorevolezza di giuoco; sono, in una parola, “immature”. Vi concediamo tutto questo. Ma date tempo al tempo. L’esperienza non s’improvvisa. Le grandi squadre come i grandi giuocatori non si fanno in un giorno. L’importante è che la “stoffa” ci sia. Ora, almeno nel caso dell’Alba e della Fortitudo, la stoffa c’è. Per questo non approviamo quanto ha scritto il Corriere dello Sport su questo che potrebbe, in un certo senso, chiamarsi la “questione romana”».
ALBA, FORTITUDO E NAPOLI NON DEVONO RETROCEDERE
«Gli ultimi gravi provvedimenti presi dal commissario straordinario ing. Barassi contro la Fortitudo e l’Alba, han dato esca a dichiarazioni di giornali. Esse poi si sono spostate verso un campo diverso. Sulla necessità, cioè, di lasciare ancora in Divisione Nazionale le tre squadre Napoli, Alba e Fortitudo, ritenendo l’anno calcistico 1926-27 per anno di collaudo. Non si improvvisa, di colpo, una maturità: essa sfocia dalla fusione di elementi diversi, che hanno l’indice maggiore nei successi di classifica, ma la base in una preparazione che ha necessità di vedere passare alcune primavere innanzi di completamente stabilizzarsi».
«Precisamente, senza esagerare nel numero delle… primavere, questo è il nostro preciso punto di vista».