La storia si ripete a distanza di 34 anni: oggi le nottate in bianco, le file interminabili e i malumori alla ricerca dei biglietti introvabili dell’imminente sfida Roma-Liverpool di Champions League. Nel 1984 le veglie notturne e le code soffocanti allo Stadio Olimpico per accaparrarsi i tagliandi della finale di Coppa dei Campioni in programma nella Capitale il 30 maggio di quell’anno (tra giallorossi e Reds), con incidenti e scontri con la polizia che destano scalpore in tutta Europa.
In quel 1984, ormai è storia, la Roma insegue il sogno di vincere la vecchia “Coppa dalle grandi orecchie” in casa, davanti al proprio pubblico, perché l’Olimpico è stato designato come sede della finale della Coppa dei Campioni sin dall’inizio del torneo. C’è però da superare lo scoglio Liverpool, l’altra finalista, arrivata all’ultimo atto vincendo tutte le partite disputate in trasferta.
L’entusiasmo tra i tifosi giallorossi è enorme e la corsa ai biglietti frenetica: ne vengono messi in vendita 63.856 di cui 43.300 per la Roma, 3.550 per l’Uefa e le altre federazioni e 17.000 per il Liverpool, che però ne rimanderà indietro 7.000. Lunedì 14 maggio 1984, all’indomani della conclusione del campionato, parte la vendita nella Capitale: i posti numerati per gli abbonati si comprano presso la sede del club giallorosso in via del Circo Massimo mentre gli altri tagliandi sono in vendita ai botteghini dello Stadio Olimpico, dove i tifosi si accampano a centinaia sin dalla notte precedente.
«Ricordo la fila per i biglietti sotto la sede al Circo Massimo, sin dalla sera prima della messa in vendita – le parole Fabrizio Grassetti, oggi presidente dell’Unione Tifosi Romanisti, riportate nel libro “Roma Story” – c’era vino, da mangiare, gente che giocava a carte, altri accampati, seggiolini. Tutto ciò fino alla mattina dopo. Ricordo che Chierico tentò di passare la fila davanti a tutti noi, ma il presidente Viola lo cacciò via».
Mentre al Circo Massimo tutto va per il meglio, la tensione e la ressa provocano disordini nei pressi dei tredici sportelli delle biglietterie dello Stadio Olimpico (sette presso il cancello E e sei presso il cancello S, secondo quanto riferito da Gilberto Viti della Roma), dove dalle ore 9.05 del 14 maggio vengono messi in vendita libera i tagliandi di Tribuna Tevere non numerata, distinti e curve.
Sin dalla notte polizia e carabinieri segnalano un migliaio di autovetture di tifosi che si accampano al Foro Italico, con sacchi a pelo e cibo. Verso mezzanotte una troupe di Teleroma 56, guidata dal giornalista Alberto Mandolesi, arriva con le telecamere tra l’entusiasmo dei tifosi.
I sorrisi durano fino alle 4, quando alcuni appartenenti al gruppo dei Fedayn scavalcano la fila, non senza prepotenze e violenze. La tensione aumenta con l’accrescere della ressa, sempre più insostenibile: poco dopo le 9, quando aprono i botteghini, le persone in attesa sono circa ottomila, schiacciate come sardine. Chi sta dietro spinge mentre chi sta nelle prime file è costretto ad arrampicarsi sul tetto dei botteghini per evitare il peggio. Alcuni desistono, altri si sentono male e vengono soccorsi e, dopo alcuni minuti, interviene la polizia a cavallo che carica la folla per disperderla.
La situazione degenera: alcuni tifosi vengono schiacciati tra la gente che fugge, altri lanciano sassi e bottiglie contro gli agenti che rispondono caricando a piedi con i manganelli e lanciando lacrimogeni. La guerriglia continua per oltre un’ora: le tante automobili dei tifosi, parcheggiate alla rinfusa nella zona circostante, rendono ancora più difficile e pericoloso il deflusso della folla. Intervengono anche gli autoblindati, la zona dello Stadio Olimpico viene circondata dalle forze dell’ordine mentre dall’alto un elicottero della polizia dà indicazioni agli agenti impegnati intorno alla palla del Foro Italico.
Alla fine si contano una diciassette feriti (di cui tre uomini della polizia) non gravi (con un massimo di dieci giorni di prognosi), oltre a qualche persona colpita da leggero malore. Il vicequestore Achille Bergamo viene ferito alla testa da una bottiglia e alla gamba da una pietra. Le testimonianze frammentarie, non tutte verificabili, parlano anche di spari in aria e di coltellate tra tifosi romanisti che si contendono i biglietti.
Molte automobili parcheggiate sono danneggiate durante la guerriglia mentre otto tifosi (di cui due minorenni) vengono arrestati: sei per violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, uno per rapina (con un coltello si è fatto consegnare da un giovane il portafoglio con lo scopo di rubargli il biglietto appena preso) e uno per detenzione di proiettili.
Alle 10.30 la vendita dei tagliandi per Roma-Liverpool riprende, ma non mancano altri momenti di tensione, sotto gli occhi delle forze dell’ordine. I botteghini chiudono alle 15.30, lasciando a bocca asciutta 700 irriducibili che si allontanano solo dopo lunghe trattative con la polizia, che li convince del fatto che ormai la Roma non manderà altri tagliandi.
Nella stessa mattinata di quel 14 maggio 1984 un gruppo di cittadini si presenta alla Procura della Repubblica di Roma per denunciare il sindaco Ugo Vetere e il questore Giovanni Pollio «per non aver predisposto misure precauzionali in modo da evitare incidenti in occasione della prevendita dei biglietti per la finale di Coppa dei Campioni di calcio». Il sindaco Vetere se ne lava le mani: «La prevendita dei biglietti non riguarda né la questura né il Comune, bensì la società calcistica e non è stata organizzata nel modo migliore». Il presidente della Roma Dino Viola replica: «Non accetto questo giudizio del sindaco, la nostra organizzazione è ampiamente collaudata. Per Roma-Liverpool noi siamo dei semplici esecutori perché l’organizzazione è dell’Uefa. Lo stato di tensione sulle operazioni di vendita dei biglietti in parte è naturale, in parte è stato creato».
Il 16 maggio sia Vetere che Viola vengono interrogati dal sostituto procuratore della Repubblica Luciano Infelisi, che conduce l’inchiesta sui disordini del Foro Italico. Dalle indagini emerge la presenza, al momento degli incidenti, di persone estranee alla tifoseria giallorossa, giunte allo Stadio Olimpico con il solo scopo di creare disordini. Non è escluso che ci siano anche bagarini alla ricerca di preziosi tagliandi da rivendere. Tre giovani vengono processati per direttissima e condannati (due a 6 mesi e 15 giorni di carcere e uno a 6 mesi).
Alla fine Roma-Liverpool avrà una cornice di pubblico degna, con lo Stadio Olimpico strapieno. Disordini e incidenti non mancheranno neanche il giorno della gara, il 30 maggio 1984, prima e dopo la partita. Quella dolorosa finale di Coppa dei Campioni resterà peraltro legata sottotraccia, con un filo sottile e inquietante, alla strage dell’Heysel dell’anno successivo.
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