E’ il portiere più fedele della storia della Roma, dall’alto delle sue 338 presenze in Serie A in maglia giallorossa. Naso aquilino, colpo d’occhio infallibile e scatto felino, Guido Masetti è stato la “saracinesca”, portiere della Roma per 14 anni, guardiano dei pali e capitano della squadra del primo scudetto. Nato a Verona il 22 novembre 1907, figlio di un ferroviere, debutta nel massimo campionato nelle file dell’Hellas, non ancora 19enne, il 3 ottobre 1926: trasferta a Torino contro la Juventus che si impone per 6-0. Nonostante l’esordio shock e la giovane età Masetti si mostra immediatamente affidabile ed esplosivo: si prende la maglia di titolare tra i pali scaligeri, disputando tutte le 18 partite di campionato più 8 delle 9 gare giocate (altre 3 sono state assegnate a tavolino) dal Verona in Coppa Coni.
“Il Messaggero” dell’8 ottobre 1927, allorché il Verona si appresta ad affrontare per la prima volta la neonata Roma, già tesse le lodi del portiere veneto: «L’ottimo Masetti in porta è veramente un difensore coraggioso e pieno di risorse e per batterlo occorrono avversari precisi e decisi soprattutto».
Nel 1927-28 si alterna con Bonifacio Smerzi nella porta del Verona e nel 1929, dopo un’altra stagione da titolare, decide di cambiare squadra: l’Hellas però gli nega il trasferimento. Ne nasce un contenzioso e per ripicca Masetti chiede la rescissione del tesseramento andando a giocare in una squadretta da lui stesso creata e allenata: il Cavour di Torino, che disputa il campionato U.L.I.C.. Lo racconta lui stesso sulle pagine de “La storia illustrata della Roma” di Ezio Saini, del 1954: «Nel 1928 andai militare a Mantova, come artigliere – le parole di Masetti – continuai a fare la spola tra Mantova e Verona per poter giocare con la mia squadra, finché il comando militare non me lo impedì. Finito il servizio, tornai nella mia città: l’Hellas e a corto di mezzi e io avevo bisogno di vivere, giocando al football o lavorando. I dirigenti però non mi volevano mettere in libertà. Perciò mi trasferii a Torino per lavorare. Il regolamento dell’epoca dava di diritto la lista di trasferimento al calciatore che, da un anno, fosse residente in una sede diversa da quella della sua società».
Masetti racconta così l’esperienza nel Cavour: «Questo mio accorgimento mi fece tuttavia perdere un anno di attività professionistica , anche se non volli rinunciare del tutto al calcio. A Torino, infatti, misi insieme una piccola squadra, detta ‘Cavour’, di cui ero capitano e allenatore, alla barriera di San Paolo (le barriere, a Torino, erano le porte della città, n.d.r.). Vincemmo il campionato piemontese dei juniores (ma in realtà era il campionato U.L.I.C., come risulta dagli almanacchi dell’epoca e dalle cronache della Gazzetta dello Sport) e andammo poi in finale nel campionato italiano». L’avventura del Cavour, con Masetti in campo, si ferma l’11 maggio 1930, quando la formazione torinese viene eliminata dal G.S. Dipendenti Comunali di Brescia.
Il 15 maggio 1930, dopo una stagione nel limbo di Torino, fa il provino decisivo con la Roma ma, convocato in sede, si sente dire dall’allenatore inglese Herbert Burgess: «Di portieri come lei ce ne sono altri mille». Fulvio Bernardini però si impunta, intuisce che Masetti è un portiere affidabile e convince la società a ingaggiarlo. Burgess ci metterà poco a ripensare la sua bocciatura. Il 20 agosto 1930 Masetti è un calciatore della Roma.
Carattere solare e divertente, quando entra in campo esegue un rituale consolidato: gomma americana in bocca, coppoletta gettata in fondo alla rete, due calci ai pali e solco tracciato con il tacco della scarpa sinistra, dal centro della porta al dischetto del rigore. Non molto spettacolare, come i grandi portieri spesso sono, bravissimo nel piazzamento, ha il suo punto debole, forse, soltanto nelle uscite. Durante i ritiri, mentre i suoi compagni giocano a scopa o ramino, Masetti preferisce i solitari. Eppure è uno che ama molto gli scherzi e fa gruppo, non sembra un veneto, ma un romano verace. Una volta, in occasione di una festa con l’ambasciatore turco, si traveste da odalisca e improvvisa una danza del ventre con due mestoli come orecchini. Poi compone “Il minestrone”, una ballata che comprende brani d’opera e versi sboccati e che i compagni cantano in treno, andando in trasferta.
All’esordio in campionato a Modena, il 28 settembre 1930, Masetti combina un pasticcio con il terzino Mario De Micheli, favorendo il gol emiliano di Carnevali. La Roma pareggia con Fasanelli, ma il presidente Sacerdoti accusa dell’errore il difensore giallorosso. Masetti lo scagiona addossandosi la colpa per il gol incassato, ma guadagnandosi così la stima di tutti i compagni. Nella Capitale trova anche la donna della sua vita, Vera, che gli darà una figlia, Cabiria, nata nel felice anno 1942 e che per tutti diventerà più semplicemente Gaby.
In pochi ricordano che nell’estate che precede la sua seconda stagione giallorossa Guido Masetti veste la maglia della Lazio in tre amichevoli: il 25 agosto 1931 in Lazio-Livorno 3-3, il 30 agosto in Svizzera-Lazio 3-1 e il 2 settembre per Losanna-Lazio 4-6. La società biancoceleste lo ottiene in prestito provvisorio per far fronte all’assenza del proprio portiere titolare Sclavi a sua volta girato temporaneamente alla Juventus impegnata quell’estate nella Coppa Europa Centrale. Alla Lazio proprio Masetti, che sarà capitano giallorosso e, per molti anni, primatista assolutori presenze nel derby romano con 24 stracittadine in campionato, una in Coppa Italia e due amichevoli. Del 1931 è il mitico inno “La canzona di Testaccio” che inizia la rassegna dei calciatori giallorossi «Co’ Masetti che è primo portiere». Sono anni importanti per la Roma che giunge a un passo dallo scudetto nel 1931 e nel 1936, collezionando anche un terzo, un quarto e due quinti posti. Masetti diventa un buon para-rigori: su un quadernetto nero annota tutte le caratteristiche dei rigoristi italiani tanto da parare 9 (più altri 3 falliti) dei 32 rigori affrontati in carriera in Serie A. E’ un’epoca in cui non esiste la televisione così Masetti ricostruisce il modo di calciare degli avversari leggendo le cronache delle partite sui giornali. Con l’addio di Attilio Ferraris IV e Fulvio Bernardini, Masetti diventa capitano dei giallorossi.
Il suo rendimento convince il commissario tecnico azzurro Vittorio Pozzo a chiamarlo in nazionale: Guido Masetti vi rimane a lungo, ma raccoglie soltanto due presenze, sempre contro la Svizzera a Zurigo, il 5 aprile 1936 (vittoria per 2-1) e il 21 novembre 1939 (ko per 3-1). E’ riserva in occasione dei campionati mondiali vinti dall’Italia nel 1934 e 1938: Pozzo, che pure lo stima, gli preferisce altri portieri. «Dopo di me il più bravo è stato Masetti – raccontò Aldo Olivieri, portiere campione del mondo nel 1938 ed erede di Masetti nel Verona – solo che lui in azzurro si smarriva, era il suo unico limite».
Pozzo comunque fa di Guido Masetti un “uomo spogliatoio” importante in occasione della vigilia della finale mondiale Italia-Ungheria, il 19 giugno 1938: «La sera prima della gara – racconta Pozzo nelle sue memorie – dopo il consuetudinario “rapporto”, avevamo sguinzagliato Masetti. Bisognava distrarre i giocatori, non lasciarli pensare troppo all’avvenimento di cui erano protagonisti, farli dormire sonni tranquilli. E Masetti aveva superato se stesso, sfoderando tutto il suo repertorio di barzellette, di imitazioni, di scherzi. Addormentandosi i giocatori ridevano ancora. Si andava bene». Gli azzurri vincono 4-2, bissando il titolo mondiale di quattro anni prima.
In pochi ricordano il suo soprannome di “ciancicone”, affibbiatogli dai tifosi romanisti perché ogni tanto si mette a masticare, per allentare la tensione, un asciugamano che si porta tra i pali.
Nell’estate 1940 la sua avventura nella Capitale, a quasi 33 anni, sembra giunta al capolinea. Il portiere di Verona è messo in lista di trasferimento, ma, dopo essere stato a un passo dal Padova, scadono i termini per la sua cessione e rimane fermo per 6 mesi, giocando giusto qualche partita con il Colleferro, di cui funge anche da allenatore. Tra i pali romanisti, nel frattempo, si alternano Ippoliti, Rega e Ceresa prima che il tecnico Alfred Schaffer, con la Roma penultima al termine del girone di andata, chieda il reintegro in rosa del vecchio portiere. Masetti torna in campo il 26 gennaio 1941, in Roma-Bologna 1-1, e non salta più una partita dando il suo contributo decisivo alla salvezza della squadra.
È così che si realizza la favola perché nell’anno successivo la Roma vince il campionato e Guido Masetti è titolare inamovibile: «Masetti è uno degli elementi di forza della compagine giallorossa – scrive Vittorio Pozzo nel novembre 1941, a commento della vittoria romanista per 2-0 sulla Juventus – la sua calma, la sua presenza di spirito, la sua esperienza pare si diffondano in modo benefico sui compagni».
L’anziano numero uno mette la firma sullo scudetto soprattutto in due occasioni: il 28 dicembre 1941, contro il Torino, la Roma gioca una partita all’arrembaggio, con 17 calci d’angolo a favore, ma il portiere granata Bodoira e la buona sorte, impediscono agli ospiti di capitolare. Nel finale di gara Masetti, con una grande parata su Romeo Menti, evita la beffa salvando lo 0-0. Il 26 aprile 1942 la Roma passa al Sant’Elena, sul Venezia, avversario diretto per il titolo, grazie a una rete di Amadei e grazie a Masetti, che para un rigore importantissimo ad Alberti. Alle 17.40 del 14 giugno 1942 la Roma, capitanata dal portierone veneto, si laurea campione d’Italia. «Ci hanno raccontato che domenica, nei primi minuti del trionfo, il buon Guido era commosso fino ad averne gli occhi luccicanti», scrive l’amico Fulvio Bernardini sul “Popolo di Roma” del 16 giugno.
La gioia più grande prelude al crepuscolo del campione: il 22 novembre 1942, proprio nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno, una sua incertezza spalanca le porte della vittoria nel derby alla Lazio. Si gioca l’ottava giornata di campionato e al 32’ c’è un calcio di punizione dal limite, battuto da Ramella. Il tiro non è forte, Masetti sembra afferrare comodamente il pallone che invece gli scivola via dalle mani. Piola si avventa sulla sfera e mette in rete con una fiondata. Il portiere giallorosso si dispera mentre i compagni si mettono le mani nei capelli. Masetti prova a riscattarsi con uno strepitoso intervento poco dopo, ma la stracittadina è segnata: nella ripresa è Acerbi a fare il pasticcio con un’autorete e la Lazio vince 3-1. Proprio Silvio Piola, nel dopoguerra, ricorderà Masetti, avversario di tanti derby, come il più forte portiere italiano mai affrontato.
Masetti annuncia l’addio al calcio due volte in occasione di altrettanti incidenti di gioco: il primo dopo l’infortunio del 18 febbraio 1943 quando la Roma campione d’Italia gioca a Genova il recupero della 6ª giornata di campionato contro il Liguria. Sullo 0-0 il portiere giallorosso si fa male e lascia il posto in porta a Paolo Jacobini. I padroni di casa ne approfittano e vincono 3-0. Il giorno stesso Masetti comunica l’addio al calcio ed effettivamente non calcherà mai più un campo di Serie A. In totale ha raccolto 338 partite nel massimo campionato a girone unico, tutte con la Roma.
Guido Masetti torna però a giocare durante la guerra ed è ancora un incidente di gioco a convincerlo a lasciare il campo verde. Il campionato di Serie A è sospeso per il secondo conflitto mondiale, ma il calcio non si ferma se non per poche settimane. Tre mesi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 riparte un torneo nell’Italia spezzata in due dalla Repubblica di Salò. Il campionato del centro-nord è organizzato su base regionale e la Roma partecipa al campionato laziale. Si inizia il 5 dicembre 1943 con Masetti, non più portiere, che siede a bordo campo come allenatore giallorosso. Tra i pali c’è il friulano Giacomo Blason, ex laziale, che però dopo 9 partite se ne torna dalle sue parti. Masetti, approfittando di una pausa di una quarantina di giorni nel calendario del campionato, si convince a tornare tra i pali, si rimette in forma e indossa nuovamente la maglia da numero uno il 12 marzo 1944, nella sfida contro la Juventus Roma. L’ultima partita in giallorosso non può che essere un derby: si gioca il 7 maggio 1944, il giorno del secondo ritiro. Anche questo causato, come quello del febbraio 1943, da un infortunio. Masetti si lussa la spalla sinistra nel compiere una prodigiosa parata in tuffo su tiro del laziale Andreolo. E’ la sua ultima parata in giallorosso: poi esce dal campo, rimpiazzato in porta dal centrocampista Paolo Jacobini. Nella ripresa, pur di non lasciare la sua Roma in dieci uomini, torna sul rettangolo verde, con il braccio al collo, per giocare da ala sinistra, applauditissimo dai 18 mila spettatori presenti: la stracittadina si conclude 0-0.
Masetti torna un’ultima volta in campo nel 1945 come allenatore-giocatore del Gubbio che trascina alla promozione in Serie B a conclusione del campionato 1946-47. Guida anche il Rimini, nel quale valorizza un giovane Giorgio Ghezzi. In panchina però non è fortunato: il 30 aprile 1951 è chiamato dalla sua Roma nel disperato tentativo di salvarla dalla retrocessione. Il debutto, per uno scherzo del destino, è contro la Sampdoria guidata da Aristide Coscia, suo compagno in giallorosso nella stagione dello scudetto del ’42. L’ex portiere prepara bene la partita e la Roma schianta i blucerchiati per 5-0. L’impresa è però titanica e, nonostante altre due vittorie nelle quattro giornate rimaste, i giallorossi retrocedono in Serie B. Il 17 giugno 1951, allo Stadio Torino (oggi Flaminio), si compie il dramma con Masetti che, a fine partita, si copre il volto piangendo disperato. Perfino l’algido, e “nordico”, Gianni Brera, re tra i giornalisti sportivi, si commuove alla vista dell’ex campione affranto. Successivamente è tecnico di Palermo, Reggiana (1952-53, in Serie C, sostituito da Alcide Violi dopo una sconfitta a Taranto l’8 marzo 1953) Lucchese (in Serie B, viene ingaggiato il 12 marzo 1953 al posto della coppia formata da Carlo Scarpato e dall’ex romanista Tommaso Maestrelli. Non riesce a evitare la retrocessione), Pisa, ancora Rimini e Colleferro.
Avrà una seconda occasione in giallorosso nel maggio del 1957 quando subentra a Sarosi e riesce a ottenere solo due punti, in cinque partite, che comunque risultano decisivi per la salvezza della Roma. Quindi apre il Bar Masetti a largo Argentina, ma l’attività non ingrana. Allena un paio d’anni la Romulea (nel 1959-60 viene premiato con la medaglia d’oro del Seminatore d’oro per la stagione della squadra capitolina in Serie D) e poi si dedica al vivaio giallorosso che cura con successo, vincendo anche qualche titolo italiano, fino al 1970. Tra maggio e giugno 1966 è di nuovo alla guida della prima squadra della Roma in occasione di una lunga tournée in Australia: Masetti sostituisce temporaneamente l’allenatore Oronzo Pugliese, alle prese con un intervento chirurgico per una cisti alla schiena.
Nel vivaio romanista i suoi ragazzi lo chiamano “il maestro” e nel 1968-69 viene ancora premiato nell’ambito del Seminatore d’oro, ricevendo la targa d’oro per il suo lavoro nelle giovanili romaniste. Era stato Masetti a segnalare, tra gli altri, Egidio Guarnacci, all’epoca liceale. L’ex portiere lo nota durante una partita contro una selezione di giornalisti. Ma anche De Sisti, Orlando, Scaratti e Menichelli passano tra le sue mani. E’ in tribuna a Marassi in occasione di Genoa-Roma 1-1 dell’8 maggio 1983 che dà ai giallorossi il secondo scudetto. «Sono contento per questi ragazzi perché cominciamo a levare qualcosa al nord», dice con pungente ironia. Parola di veronese, ma romanista vero e romano di indole, oltre che d’adozione.
Muore nella Capitale il 27 novembre 1993 e nel 2011 il Comune di Roma gli intitola una strada nella zona di Castel di Decima, accanto a tanti altri personaggi del mondo del calcio, tra i quali i “suoi” presidenti Renato Sacerdoti ed Edgardo Bazzini. Nel luglio 2015 viene inserito nella Hall of Fame ufficiale della Roma.
Fonti: “Tutti gli uomini che hanno fatto grande l’As Roma” di Adriano Stabile
“Fulvio Bernardini, il Dottore del calcio italiano” di Marco Impiglia
“(La) Roma, una vita” di Fulvio Stinchelli
Figc, 75° anniversario 1898-1973
“Storia illustrata della Roma” di Ezio Saini
Il Romanista (vari numeri)
Il Messaggero (vari numeri)
L’Unità (vari numeri)
Il Corriere dello Sport (vari numeri)
La Gazzetta dello Sport del 16 maggio 1930
Roma Radio