Giacomo Losi, quando e perché diventò Core de Roma

Giacomo Losi Roma

Indimenticabile capitano, l’uomo dei record prima dell’avvento di Francesco Totti: Giacomo Losi, dall’alto delle sue 455 partite ufficiali in giallorosso (386 di cui 299 da capitano in campionato, 29 in Coppa Italia e 40 nelle coppe europee), è un mito della storia della Roma. Per i romanisti, ancora oggi, è “Core de Roma”.

Giacomo Losi, la carriera del capitano della Roma

Nato il 10 settembre 1935 a Soncino, in provincia di Cremona, è diventato romano, anzi testaccino, ad honorem per la sua grinta, il suo coraggio e il suo attaccamento ai colori. Da ragazzino si mette in luce, nella sua città, con la Virtus e la Soncinese, con cui inizia a giocare da mezzala in prima squadra giovanissimo: ha soltanto 14 anni e l’allenatore, per mandarlo in campo così precocemente, lo schiera con il nome di Bugli, suo compagno di squadra. Fuori dal campo le sue passioni sono la musica («suonavo il clarinetto nella banda del paese», ricorda Losi) e i presepi («ho vinto anche tre-quattro premi a Soncino»). Sfogliando il Calcio Illustrato si appassiona alle imprese del Grande Torino.

A 16 anni il passaggio alla Cremonese per 500 mila lire. Nel 1953 il talent scout Carlo Montanari nota lui e l’altro giovane Ivanoe Nolli, li segnala al Bologna, ma il dirigente emiliano che tratta con Montanari risponde: «Il nano prenditelo tu, io mi prendo Nolli perché diventerà nazionale in eterno». E così il Bologna acquista Nolli, che esordisce in Serie A con un gol, ma che svanisce dalle cronache in pochi mesi. Losi passa così in prova nei giovani dell’Inter allenati da Giovanni Ferrari, con cui vince il Torneo di Sanremo nell’agosto 1953 per poi finire l’anno successivo alla Roma. Effettivamente è un po’ piccolino per fare il difensore (è alto 1,68), ma fa subito una buona impressione ai tecnici giallorossi.

Giacomo Losi

Giacomo Losi nel 2014

Gli esordi contro la Lazio e poi contro l’Inter

L’impatto con la grande città non è tuttavia facile: “Mino”, come lo chiama mamma Maria, ha soltanto 19 anni e vive in una pensioncina a via Quintino Sella, non esce mai, gli unici compagni sono i libri e il grammofono. Il suo esordio assoluto nella Roma è, segno del destino, un derby di pre-campionato: il 5 settembre 1954 Losi gioca il secondo tempo della sfida di Coppa Zenobi e i giallorossi battono la Lazio 2-0 grazie a una doppietta su rigore di Egisto Pandolfini. Qualche mese dopo il tecnico inglese Jesse Carver prende da parte “Mino” e gli annuncia di volerlo buttare nella mischia anche in campionato. Così Losi fa il suo esordio in Serie A all’Olimpico contro l’Inter il 20 marzo 1955: gioca terzino sinistro e deve marcare il temibile Gino Armano, ma è una grande giornata, la Roma vince 3-0. Nell’estate successiva arriva nella Capitale l’ungherese György Sarosi, che Losi considera il suo grande maestro. L’allenatore magiaro gli insegna ad essere meno irruento e a giocare meglio il pallone: Losi impara a usare anche il sinistro, ormai è titolare fisso.Giacomo Losi

Il primo soprannome di Losi: Palletta

L’8 dicembre 1955 vive una giornata nera, bagnata dalle lacrime: la Roma, seconda in classifica, va sul campo della Fiorentina, prima con un vantaggio di tre punti, perdendo 2-0. Dopo il gol di Virgili nel primo tempo, Giacomo Losi firma l’autorete della definitiva sconfitta a fine gara e, dopo il match, scoppia in un pianto a dirotto. Terzino destro o sinistro, compensa il fisico minuto con la velocità. E’ bravissimo nell’anticipo, implacabile in marcatura e in acrobazia. Inizialmente viene soprannominato “Palletta”, proprio per la sua elasticità e agilità. E’ un atleta esemplare, impeccabile nei comportamenti, rispettoso. Ha la tecnica non eccelsa di un difensore, ma carattere da vendere.
Nel 1957, con l’addio di Sarosi e l’avvento della coppia Busini-Nordahl, Losi perde il posto da titolare: «Se l’anno prossimo continua così me ne vado», sbotta il 22enne difensore di Soncino che rimane per mesi a un passo dall’addio. Nel 1958 inizia a giocare anche al centro della difesa, come stopper (farà pure il libero), mentre nel 1959 diventa per la prima volta capitano. Il 22 giugno di quell’anno sposa, nella chiesa di San Camillo, Luciana Renzi, che gli darà due figli, Daniela e Roberto.Giacomo Losi

Losi ai Mondiali 1962 con la nazionale

Giacomo LosiIl 13 marzo 1960 è il momento dell’esordio in nazionale, contro la Spagna allenata da Helenio Herrera. Losi, una settimana prima, ha rimediato uno stiramento nel derby, ma tiene troppo a questa occasione e non dice niente a nessuno. Prova a curarsi da solo nella stanza di albergo, si scalda attentamente prima della partita e poi scende in campo a Barcellona. Il suo compito è marcare Francisco “Paco” Gento, velocissima ala sinistra del Real Madrid. Losi riesce a neutralizzarlo, ma la Spagna vince comunque 3-1. «Mai visto un terzino così veloce», dice sorpreso Gento a fine partita. In nazionale Losi disputa 11 partite, di cui una da capitano (13 maggio 1962 a Bruxelles: Belgio-Italia 1-3, nel giorno del debutto in azzurro di Gianni Rivera), partecipando agli sfortunati mondiali in Cile del ’62. Non è però in campo nell’unica partita persa di quel torneo iridato, contro i padroni di casa (2-0), perché i ct Ferrari (che lo aveva allenato all’Inter nell’agosto 1953) e Mazza gli preferiscono, come terzino destro, David del Milan, che peraltro viene espulso. La carriera azzurra di Giacomino finisce con l’eliminazione dell’Italia, ma ci sono ancora tante gioie in maglia giallorossa.

Losi si azzoppa, segna e diventa “Core de Roma”

Giacomo LosiNel frattempo è diventato il “Core de Roma”. Accade tutto l’8 gennaio 1961, allorché i giallorossi ospitano la Sampdoria davanti a 50 mila spettatori. Il campo è ridotto un pantano a causa della pioggia prima del match. Al 24’ capitan Guarnacci, in uno scontro con l’ex giallorosso Lojodice, si rompe il ginocchio ed è costretto ad uscire. Verso la fine del primo tempo Losi, dopo un contrasto con Brighenti, rimedia un forte stiramento all’inguine. «Il dolore era terribile, non riuscivo a camminare», ricorda a distanza di anni. La Roma è già in dieci uomini (all’epoca non c’erano le sostituzioni) e così il difensore giallorosso decide di restare in campo, spostandosi però dal centro della difesa all’ala. Sul 2-1 per la Sampdoria i giallorossi, pur ridotti in “nove uomini e mezzo”, trovano il pareggio con uno scatenato Manfredini, che si libera di tre avversari e batte il portiere Sattolo al 77’. Due minuti dopo c’è un calcio d’angolo per la Roma: «Mi ricordo che ero all’altezza del disco di rigore, un po’ indisturbato, tanto non mettevo paura a nessuno – racconta Giacomo Losi nel libro “Magica Roma 2”- Lojacono tirò il corner a mezzo metro da me, ma io, sulla gamba malata, non riuscivo  muovermi, la palla fu spizzata da uno di loro e andò fuori dall’altra parte. Lojacono passò davanti a me e gli dissi “Cisco, tiralo come prima, se puoi” e lui mi rispose “ci provo”. Mi girai sulla gamba buona e mi posizionai come prima. I difensori mi lasciarono stare un’altra volta. Lojacono calciò alla stessa maniera, io riuscii a saltare, colpii il pallone e lo misi nel sette. Il portiere rimase esterrefatto, i compagni mi sommersero. Che domenica! Che bella soddisfazione!». I tifosi sono in visibilio: viene fatto risalire a quella partita la genesi del soprannome “Core de Roma”, per la generosità e lo spirito di sacrificio di Losi. Complice l’infortunio di Guarnacci, che tornerà in campo dopo un anno, “Mino” diventa definitivamente il capitano della Roma.

Qualcosa di analogo accade anche il 12 novembre 1967 quando, all’inizio della sfida con il L.R. Vicenza, rimedia un brutto colpo alla coscia. Dolente, resta in campo con una vistosa fascia elastica, fa un’iniezione di novocaina nell’intervallo e sfiora addirittura il gol con due tiri dalla distanza. I giallorossi strappano uno 0-0 prezioso per mantenere il primo posto in classifica e i giornali esaltano lo spirito gladiatorio del capitano.

Losi Cerretti

Losi soccorso da Angelino Cerretti (foto L’Unità)

TIENE TUTTA PER SÉ LA COPPA DELLE FIERE
La prima importante vittoria in maglia giallorossa risale al 1961: in estate il presidente Anacleto Gianni resiste alla corte dell’Inter che vorrebbe Losi in nerazzurro e l’11 ottobre, con il successo all’Olimpico sul Birmingham per 2-0 (all’andata era finita 2-2), la Roma vince la Coppa delle Fiere. “Mino” è centromediano e capitano di quella squadra: è lui quindi a ricevere la coppa dalle mani del presidente della Fifa Stanley Rous. La tiene con sé, ben stretta, senza darla a nessuno. «Fu una partita molto difficile – ricorda Losi nel libro “Roma Story”, pubblicato nel 2014 dalle Edizioni della Sera – dovevamo vincere in casa per evitare la bella. Loro giocarono molto bene, forse meglio di noi. Noi ci siamo chiusi e li abbiamo colpiti due volte in contropiede. Ho sollevato la coppa e non l’ho data a nessuno. Tutti mi dicevano “dai, Giacomo, passiamocela” e io “lascia stare, sono io il capitano”. Feci il giro di tutto il campo con la coppa in mano. Lo stadio era pienissimo, fu una grande soddisfazione».

Giacomo Losi

Il giro di campo con la Coppa delle Fiere del 1961

Il 25 febbraio 1962 il pubblico romanista gli regala una commovente prova d’amore allorché la squadra giallorossa gioca alla grande contro il Milan futuro campione d’Italia, ma perde 1-0 per una sfortunata autorete proprio di Giacomo Losi, che inganna Cudicini deviando malamente un tiro debole di Sani. Il capitano ha un gesto di sconforto e il pubblico, toccato, invoca lungamente il suo nome. Losi stesso, in qualche sua intervista, non esclude che l’appellativo “Core de Roma” sia in realtà nato in questa occasione e non nella partita contro la Sampdoria del 1961.

Giacomo Losi

Capitan Losi con la Coppa delle Fiere 1961

Losi, la Coppa Italia e il record di presenze dimenticato

Il 1° novembre 1964 è il giorno della seconda grande gioia in maglia giallorossa, la conquista della Coppa Italia. Due mesi prima, il 6 settembre, i giallorossi hanno pareggiato 0-0 contro il Torino di Nereo Rocco all’Olimpico la finale unica del torneo e nel replay, stavolta fuori casa, riescono a vincere grazie a un gol in contropied di Nicolè a cinque minuti dal termine. Losi solleva la Coppa Italia e Rocco, sconfitto, gli fa i complimenti: «Core de Roma, dico a te, la prossima volta puoi lasciare qualche pallone ai miei?».

Il capitano, dopo la rete contro la Samp del 1961, segna il suo secondo gol in Serie A in un memorabile Foggia-Roma del 18 dicembre 1966: i giallorossi si ritrovano sotto 2-0, ma Barison e Losi completano la rimonta. “Core de Roma” segna con un bolide da 30 metri a 10 minuti dalla fine per la gioia del tecnico Oronzo Pugliese che ci teneva in modo particolare a fare bella figura nella sua terra, per giunta contro la sua ex squadra. A fine partita il tecnico salta di gioia e abbraccia Losi urlandogli: «Capitano, sei tutti noi». Qualche settimana dopo, il 29 gennaio 1967, il difensore venuto da Soncino batte il record di presenze in giallorosso, detenuto da Guido Masetti, ma praticamente nessuno se ne accorge. E’ un tifoso a segnalare l’evento con una lettera al giornalista Cesare Lanza e così viene organizzata una festa con tanto di premiazione al Ritz di Piazza Euclide.

Cudicini Losi

Cudicini blocca e Losi sorveglia (foto Archivio L’Unità)

Losi e la crisi con Helenio Herrera

Nel 1963, come fatto in precedenza da tanti suoi colleghi, apre un bar nella Capitale: a dicembre, all’inaugurazione del locale, in viale Trastevere non lontano da Testaccio, sono presenti tanti amici, dirigenti, giornalisti e compagni della Roma, con le rispettive famiglie. I titoli di coda alla splendida parabola di Losi in giallorosso vengono messi da Helenio Herrera, che siede sulla panchina della Roma dall’estate del 1968. Il 24 novembre la squadra rimedia una brutta sconfitta per 2-0 a Verona e capitan Losi, uscendo dal terreno di gioco, si rivolge al suo allenatore manifestandogli delle perplessità sullo schieramento troppo offensivo della squadra. Herrera non la prende affatto bene e da quel momento non lo schiererà mai più.

Giacomo Losi

Losi allo Stadio Olimpico

«Credo fosse geloso della mia popolarità in città, anche se non la facevo pesarericorda Losi in un’intervista a Repubblica del 2014andavamo nei club dei tifosi e chiedevano l’autografo prima a me che a lui. E sì che quand’era all’Inter mi voleva. Parlai con Allodi: Mino, quanto prendi a Roma? Glielo dissi. Ti diamo il triplo, disse lui. No, dissi io, queste cose non le faccio. Così presero Picchi. A Herrera non ho mai perdonato di aver fatto rientrare la squadra da Cagliari quando Taccola morì sul lettino dello spogliatoio. Io non c’ero, ero a Roma, e mi toccò andare a informare la famiglia di Giuliano. Forse a Herrera non faceva piacere che io rifiutassi la pillola quotidiana di Evoran, gliele procurava il massaggiatore Wanono in Francia. Mai presa, e dicevo ai compagni di starci attenti. Lui diceva che erano vitamine, ma noi cosa ne sapevamo». Herrera soffre la personalità del capitano, che nel marzo del 1969 viene messo fuori rosa. Gli viene concessa un’ultima partita d’addio alla Roma il 15 maggio 1969 a Palestrina, dove i giallorossi si impongono 4-1 in amichevole sulla formazione locale. Losi gioca il primo tempo prima di lasciare il campo ed essere premiato con un’anfora da Dino Viola, presidente del Palestrina, tifosissimo giallorosso e futuro patron della Roma.

«A fine campionato – ricorda Losi in un’altra intervista – la società mi mandò una lettera dove mi comunicava che non aveva più bisogno di me. Non mandò nessuno a dirmelo e nessuno venne a salutarmi. Fu deprimente». “Core de Roma” lascia così la maglia romanista. Amareggiato, a 34 anni rifiuta ogni altra proposta di club professionistici e gioca per qualche mese in Serie D nella Tevere Roma (196970): con la piccola squadra capitolina Losi inizialmente si tiene in forma in attesa di decidere cosa fare, esordendo il 17 agosto 1969 in amichevole a Fiuggi contro il Bari, agli ordini del tecnico Amos Mariani. Poi firma un accordo vero e proprio, debuttando ufficialmente in campionato l’11 ottobre 1969.

Giacomo Losi

Figurina Mira 1967-68

Giacomo Losi allenatore

Il 16 settembre 1970 Giacomo Losi firma il suo primo contratto da allenatore, di un anno, con la Tevere Roma, con cui aveva giocato fino a qualche settimana prima, ma viene esonerato per dissapori con la società il 19 novembre. Il 31 agosto 1971 è ancora in campo, allo Stadio San Siro di Milano, per una partita tra vecchie stelle internazionali: Losi gioca nell’Italia, con campioni come Sarti, Maldini, Angelillo, Sivori e Pascutti, che supera 4-2 il Resto del Mondo di Jascin, Garrincha, Vinicio, Tostao e del suo vecchio avversario Gento.

In panchina comunque si toglie buone soddisfazioni, pur non arrivando a palcoscenici di alto livello: fa l’allenatore per 17 anni tra Serie C e B, vincendo due campionati con Bari e Lecce. Lavora anche con Avellino, Turris, Salernitana, Alessandria, Banco di Roma, Piacenza, Virtus Casarano, Nocerina, Latina e Juve Stabia. Gli resta dentro per sempre la ferita dell’incomprensibile allontanamento dalla Roma, anche se durante la gestione di Franco Sensi torna a collaborare con il club. L’amarezza è però ampiamente compensata dall’amore infinito dei romani. Nel 2012 viene inserito nella Hall of Fame della Roma. Ancora oggi, per strada, lo fermano per una foto o un autografo ragazzini che non l’hanno mai visto giocare: Core de Roma fa profondamente parte dell’anima della Città Eterna.

Pallotta Losi

James Pallotta e Giacomo Losi

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