Attilio Ferraris IV, il capitano della Roma morto sul campo

Attilio Ferraris IV Roma

«Dalla lotta chi desiste fa una fine molto triste; chi desiste dalla lotta è un gran fijo de ‘na mignotta». La dedizione di Attilio Ferraris alla Roma è pienamente espressa nel giuramento (mutuato dalla Roma Rugby) che pretende da parte di tutti i compagni di squadra. Mani sul pallone, sguardo fisso negli occhi del capitano e formula consolidata. Ferraris è tuttora una figura mitica, mai dimenticata dai tifosi giallorossi. La sua biografia tratteggia un uomo vizioso, rubacuori, fumatore, amante della bella vita e della sua Alfa Romeo rossa, eppure è anche atleta inesauribile e grande combattente in campo tanto da essere soprannominato “Omo de fero”. Ma soprattutto Attilio Ferraris merita l’eternità perché è il primo capitano della storia della Roma.

Ferraris IV, biografia del capitano

Figlio di genitori piemontesi (Secondino, per tutti semplicemente Secondo, ed Eurosia Stellina), nati a Sostegno, un paesino in provincia di Biella, Attilio Ferraris viene al mondo, secondo atto di nascita, alle 4.30 della mattina del 26 marzo 1904 al civico 19 di Borgo Angelico. Da calciatore è ancora oggi una leggenda: «Poi ce sta Ferraris a mediano, bravo nazionale e capitano», dice l’inno “La Canzona di Testaccio”, che negli anni ’30 celebra i campioni della Roma. Attilio nasce nel rione Borgo, il padre (conosciuto anche come Sor Secondo) ha un laboratorio di riparazione di bambole poco lontano, vicino via Cola di Rienzo. Nel 1914, quando Attilio ha dieci anni, la famiglia Ferraris si sposta nella sua casa storica, a via Properzio 27, in Prati. Attilio Ferraris inizia a giocare da ragazzino nella Fortitudo sul campo dell’Istituto Pio X a Castel Sant’Angelo, vicino casa, fino ad arrivare alla prima squadra, 15enne, nella stagione 1919-20, subito dopo la guerra. Attilio Ferraris biografia

Nel 1921-22 la formazione romana raggiunge la finale per il titolo italiano, contro la formidabile Pro Vercelli. Ferraris, a 18 anni, gioca gara d’andata e di ritorno di quella sfida che la Fortitudo perde 3-0 a Roma, l’11 giugno 1922, e 5-2 a Vercelli, una settimana dopo: al rientro nella Capitale, peraltro, Ferraris e compagni rimangono coinvolti in un incidente ferroviario nei pressi di Moncalieri, con due morti: i rossoblù se la cavano con tre contusi e tanta paura. Lanciato dal mitico Fra’ Porfirio Ciprari, sacerdote che funge da presidente e allenatore della formazione rossoblù, il giovane Attilio Ferraris diventa immediatamente colonna del centrocampo della squadra. Per tutti è Ferraris IV, perché anche i fratelli maggiori Paolino, Gino e Fausto sono calciatori (ma non hanno nulla a che fare con Pietro Ferraris II, che ha giocato una gara in nazionale, nel 1935, insieme ad Attilio e che sarà attaccante del Grande Torino). In famiglia ci sono anche quattro sorelle: Eleonora, Lucia, Maria e Iolanda (ultima a sopravvivere al grande Attilio, è morta il 9 agosto 2010). Attilio Ferraris ha qualcosa in più dei fratelli calciatori e, quando nell’estate 1927 la Fortitudo si fonde con Alba e Roman per dare vita all’Associazione Sportiva Roma, diviene naturalmente capitano della nuova formazione capitolina, dopo esserlo stato già nella Fortitudo. Poche settimane prima, a febbraio, era emersa la notizia di un corteggiamento da parte del Bologna, che per fortuna non si concretizza in un ingaggio. D’altronde è un calciatore affermato se è vero che il 9 maggio 1926 esordisce in nazionale a Milano, contro la Svizzera (vittoria per 3-2 con decisivo salvataggio sulla linea nel finale proprio di Ferraris) ed è di nuovo in campo il 28 ottobre, a Praga, contro la forte Cecoslovacchia (sconfitta azzurra per 3-1). Il 1° gennaio 1928, in occasione di un altro Italia-Svizzera finito 3-2, a Genova, diventa il primo romanista a vestire la maglia azzurra.

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Le caratteristiche tecniche del giovane Ferraris

«Ferraris aveva la dote di “servire lungo”, che è una necessità per i centro-mediani sistemisti d’oggi, ma che non lo era ancora a quei tempi – scrive  negli anni ’40 Ettore Berra, grande giornalista piemontese, parlando delle prime esperienze in nazionale di Attilio – il metodo teneva ancora distinti i giocatori di questo ruolo e la qualifica di centro-mediano d’attacco o di difesa già serviva a determinare una tendenza tattica e un limite di rendimento. Ferraris IV, nuovo a queste mansioni, non aveva ancora una ben determinata fisionomia tecnica, ma istintivamente si teneva in posizione arretrata e serviva l’attacco con lunghi traversoni che spaziavano il gioco offrendo spunti di offensiva senza peraltro scoprire la difesa. Egli risultò presto un elemento tipico da Nazionale, il suo era un gioco generoso che faceva circolare aria nella squadra, un gioco di grandi abbozzi e di grande respiro. Un gran bel giocatore, insomma».

Nel 1923 prima gara in azzurro da capitano

Prima ancora, il 30 dicembre 1923, è debuttante a 19 anni da capitano nella Rappresentativa Italia Sud che batte la Francia Sud-Est 2-1 a Roma e il 20 aprile 1924, quando si trova a Messina per svolgere il servizio militare (verrà trasferito poi a Spoleto e infine a Roma), esordisce nella rappresentativa goliardica, in una sfida vinta 3-0 contro una selezione inglese, giocata ancora nella Capitale. In totale conta 3 presenze in nazionale B (tutte nel 1933), 3 nella nazionale goliardica (tra il 1924 e il 1926) e 5 nelle rappresentative azzurre (tra il 1923 e il 1926, con un gol segnato il 30 marzo 1924 nell’incontro perso 2-1 con la Francia Sud-Est a Marsiglia). Nel frattempo, il 20 gennaio 1924, è per la prima volta riserva della nazionale maggiore che viene sconfitta 4-0 dall’Austria a Genova in amichevole.

Fortitudo 1922-23

La Fortitudo 1922-23 con Ferraris IV, indicato dalla freccia

Espelle dal campo un compagno di squadra

Il 20 marzo 1927, quando è capitano della Fortitudo, si rende protagonista di un episodio forse unico che ne mette in luce il carisma e la sportività, nonostante abbia soltanto 23 anni: all’inizio della ripresa del match di campionato contro il Milan, Ferraris IV caccia dal campo il proprio compagno di squadra Fernando Canestrelli, troppo nervoso e irrequieto. Il capitano della squadra romana preferisce giocare in dieci, piuttosto che avere in formazione un giocatore “fuori giri”. La Fortitudo perde 3-2 e la curiosa circostanza è riportata da più di un giornale dell’epoca: «È necessario far notare – scrive il quotidiano “L’Impero” – che la Fortitudo ha terminato l’incontro in dieci uomini perché Canestrelli, in vena di fare le bizze, è stato, poco dopo iniziato il secondo tempo, giustamente allontanato dal capitano Ferraris. Canestrelli, in una lotta così importante, ha dimostrato di possedere poco senso di responsabilità»

sigarette Matossian

Una pubblicità del 1924 delle Matossian, sigarette che fumava Attilio Ferraris

Il biondo di Borgo Pio

Soprannominato anche “Il biondino di Borgo Pio”, Attilio Ferraris è amatissimo dai tifosi. E’ solito, prima di ogni partita a Campo Testaccio, fermarsi al bar all’angolo tra via Galvani e via Nicola Zabaglia. Quando rientra dalle trasferte in treno invece ha l’abitudine di far scendere alla prima stazione utile il massaggiatore Angelino Cerretti che gli deve procurare le “Matossian”, le sue sigarette preferite. La sua condotta fuori dal campo è tutt’altro che da atleta: fuma molto, fa le ore piccole, ama le donne e il gioco, soprattutto il poker. In campo però non si risparmia mai e la sua dedizione per la squadra è ammirevole.

Ferraris Barzan Volk

Ferraris, Barzan e Volk prima di Roma-Torino del 1929

Il 5 gennaio 1929, in vista della trasferta a Livorno del giorno successivo, ottiene dalla Roma il permesso per raggiungere la città toscana con la sua nuovissima Lancia Dilambda, mentre il resto della squadra parte in treno. Il capitano si mette in viaggio insieme alla riserva Giovanni Bramante, ma un guasto dell’autovettura lo costringe a passare la notte all’aperto, nei pressi di un cimitero. I due giocatori, rimasti a piedi e in preoccupante ritardo, riescono ad avvisare il resto della comitiva la mattina seguente per poi raggiungere Livorno in treno mentre i dirigenti romanisti prendono tempo chiedendo all’arbitro Lenti di posticipare di 20 minuti l’inizio del match. Ferraris IV arriva provato al campo e, prima di entrare sul terreno di gioco, chiede al massaggiatore Angelino Cerretti qualcosa da mangiare al volo. Detto, fatto: ecco due uova al tegamino. Attilio si cambia e gioca la solita partita gagliarda anche se la sua Roma esce battuta per 1-0.

Ferraris figurina

Figurina cioccolato Zaini

Alla sua proverbiale grinta è legato un episodio divertente in occasione della prima sconfitta romanista a Testaccio, contro la Juventus, il 12 gennaio 1930 (finisce 3-2 per i bianconeri). Il capitano giallorosso entra talmente duro sull’asso italo-argentino Mumo Orsi da scaraventarlo fuori dal campo, contro la rete di protezione. L’altro juventino Viola, per incoraggiare il compagno, gli urla: «Vai Mumo!». Al che Orsi, un po’ irritato, gli risponde: «Vai, tu!». Meglio non passare troppo vicino ai tacchetti di Ferraris.

Proprio la Juventus lo corteggia lungamente nel 1927. Un emissario bianconero, un giorno, si presenta a Roma da papà Secondo per cercare di strappare l’ingaggio di Attilio. Spiega quanto farebbe comodo alla Juve un giocatore come Ferraris, mette sul piatto 20 mila lire, ma il genitore risponde seccamente: «Non ho venduto mai mio figlio e non intendo farlo adesso». Ancora contro la Juventus, nel celeberrimo 5-0 del 15 marzo 1931, annulla la classe degli assi argentini Orsi e Cesarini. Stavolta Mumo perde la pazienza e, nel secondo tempo, per la frustrazione si lascia andare a qualche colpo proibito. Lo stesso Ferraris, dopo una decina di minuti del secondo tempo, è protagonista di uno scontro con Cesarini: l’italo-argentino della Juventus gli molla un calcione e il romanista reagisce. Ne nasce un battibecco generale risolto dall’arbitro Albino Carraro con l’espulsione dei due compagni di nazionale, che si riappacificheranno qualche giorno più tardi grazie al ct  Pozzo, che organizza appositamente un incontro a Firenze. Il giornalista Vittorio Finizio racconta come Ferraris, in occasione di quell’espulsione, viene cacciato a forza dal campo perché non se ne vuole andare. Resta però ostinatamente all’ingresso del sottopassaggio di Campo Testaccio, la famosa “buca”, con la testa fuori. Pochi minuti più tardi, quando Bernardini segna il 3-0 romanista su rigore: “Attilio – scrive Finizio sul Calcio Illustrato numero 38 del 1964 – con uno scrollone delle sue possenti spalle, si liberò dei suoi custodi e corse in campo ad abbracciare e baciare Bernardini: il suo primo tifoso“.

Svizzera Italia 1931

Svizzera-Italia 1-1 del 29-3-1931, la freccia indica Ferraris (foto Archivio Robert G. A. Espir)

Campione del mondo e Leone di Highbury

Tante le marachelle di Attilio Ferraris IV. La sera di sabato 5 marzo 1932, alla vigilia di una partita in trasferta con la Juventus poi persa per 7-1, fugge dall’albergo di Torino dove si trova la Roma per andare al Teatro Alfieri a vedere uno spettacolo della sexy soubrette nera Josephine Baker insieme ai compagni Bernardini, Fasanelli e Chini. I quattro vengono pizzicati al rientro, a notte inoltrata, e puniti duramente dal presidente Sacerdoti che priva Ferraris IV dei gradi di capitano e lo sospende per due mesi. Seguono giorni di “trattative” che riducono lo stop a una sola giornata di campionato.

Attilio Ferraris IV

Ferraris IV e un arbitro

Con Sacerdoti il rapporto è conflittuale e il traumatico addio alla maglia giallorossa matura dopo il derby dell’11 marzo 1934 quando la Roma, in vantaggio per 3-0 dopo 15 minuti (reti di Bernardini, Costantino, Guaita), si fa rimontare dalla Lazio sul 3-3 con una tripletta del brasiliano Alessandro Demaria. L’epilogo del match porta a un feroce litigio tra Ferraris e il presidente. E’ la goccia che fa traboccare il vaso: il capitano finisce fuori squadra e decide di lasciare la Roma. Sono settimane difficili per il campione ferito, ma proprio sull’orlo del baratro si fa vivo il commissario tecnico della nazionale Vittorio Pozzo che, in vista dei Mondiali che si giocheranno in Italia, pensa di recuperare Ferraris, che non gioca in azzurro dal 28 ottobre 1932. Pozzo “raccatta” Attilio in una sala da biliardo (andava spesso da Restaldi in via Cola di Rienzo), gli chiede di buttare via il pacchetto di sigarette e le notti brave per rimettersi in forma e tornare in nazionale. Ferraris accetta la sfida e la vince. Inizia il Mondiale come riserva, ma dopo due partite rimpiazza l’infortunato Mario Pizziolo come mediano destro e diventa protagonista assoluto della cavalcata che porta gli azzurri al titolo iridato. Nella sofferta finale vinta 2-1 ai supplementari contro la Cecoslovacchia si ricorda una sua entrata “spaccagambe” sull’attaccante Antonin Puc, autore del gol ceco.

Ferraris IV passa alla Lazio

Rientrato a Roma da campione del mondo, Ferraris festeggia, almeno così narra la leggenda, con una spericolata gimcana in motocicletta per le strade di Borgo Pio. E’ però ancora aperta la ferita per il traumatico addio alla maglia giallorossa e Attilio, forse per rivalsa, matura la decisione di passare addirittura alla Lazio. L’affare si chiude sulla base di 150.000 lire più la clausola che Ferraris non potrà giocare contro la Roma pena il pagamento di un’ammenda da 25.000 lire. Il 18 novembre 1934 però Attilio è regolarmente in campo, a Testaccio, per la stracittadina contro la sua ex squadra. I laziali hanno infatti deciso di autotassarsi per pagare la multa pur di avere il gagliardo mediano in campo. Dalle gradinate i tifosi giallorossi gli urlano: «Venduto, venduto» e i laziali replicano ironicamente: «Comprato, comprato». Bernardini non rinnega l’amicizia con l’ex compagno abbracciandolo e baciandolo al centro del campo, prima del match, che finisce 1-1 non senza polemiche per un gol annullato al romanista Costantino. Da quattro giorni Ferraris è un “Leone di Highbury”: il 14 novembre infatti l’Italia campione del mondo accetta la sfida dei maestri inglesi, che snobbando tutte le competizioni del resto del globo ritenendosi troppo superiori. L’Inghilterra vuole dimostrare di essere più forte e vince 3-2, ma gli azzurri giocano con tale bravura che quella sconfitta vale quasi come una vittoria. Ferraris IV è il capitano degli azzurri in quel mitico match, giocato a Londra, nell’Arsenal Stadium di Highbury. Al 6’ Luisito Monti si frattura un piede e l’Italia rimane menomata. L’Inghilterra si ritrova sul 3-0 dopo 12 minuti e gli uomini di Vittorio Pozzo vacillano, pur senza crollare. Nella ripresa Ferraris colpisce la traversa e, sulla ribattuta, Meazza appoggia in rete. Poi è lo stesso fuoriclasse dell’Inter a segnare di nuovo mentre nel finale il romanista Guaita fallisce il 3-3. La stampa giudica migliore in campo Ferraris IV che viene premiato dal quotidiano “Il Littoriale” con una medaglia d’oro, comprata grazie a una sottoscrizione dei lettori.

Ferraris IV figurina

Campioni dello Sport 1967-68

L’avventura con la Lazio, nella quale si dice soffra le rigide regole comportamentali, dura soltanto due stagioni quindi passa nel 1936 al Bari, dove trova l’ex compagno della Roma, Raffaele Costantino. La pacificazione con i giallorossi si consuma nel 1938 quando, ormai 34enne, torna per un ultimo campionato nella Roma. Sacerdoti non è più alla presidenza della società, sostituito da Igino Betti, e il direttore sportivo Vincenzo Biancone si prodiga per riportare Ferraris all’ovile. Il vecchio campione gioca 12 partite poi saluta il grande calcio, ma non i campi di gioco. In giallorosso conta in totale 210 partite di campionato con due reti (il 28 ottobre 1928 in Triestina-Roma 3-3 e il 24 settembre 1933, su rigore, in Fiorentina-Roma 1-3. Qualche fonte gli attribuisce erroneamente il gol di Fasanelli in Pro-Patria-Roma 2-2 del 28 ottobre 1931), nel ruolo di mediano destro, terzino e centromediano (alla De Rossi degli ultimi anni, per intenderci). Conta altre 21 presenze e due reti in gare ufficiali nella sua carriera con la Roma e 28 presenze nella nazionale maggiore, raccolte tra il 1926 e il 1935, di cui le ultime tre da capitano. In azzurro, oltre al Mondiale 1934, vince anche la Coppa Internazionale 1930 ed è nel gruppo che conquista il bronzo olimpico ad Amsterdam nel 1928, pur non scendendo mai in campo.Ferraris IV

Nel 1939-40 è nel neopromosso Catania (viene ingaggiato a dicembre e, da gennaio, per qualche settimana, ricopre anche la carica di allenatore), ma gli etnei si classificano ultimi in Serie B, retrocedendo. Successivamente va a svernare nell’Elettronica, squadra di secondo piano della Capitale. La sua carriera si interrompe in modo traumatico nel campionato di guerra, quando subisce una squalifica a vita per aver aggredito, scagliandolo contro un palo di una porta, l’arbitro Pasinetti in occasione del match Avia-Elettronica 6-0 del 1° gennaio 1944. A quasi quarant’anni il vecchio campione deve lasciare le gare ufficiali, ma non abbandona l’idea di giocare ancora qualche partitella, tra amici ed ex campioni. Il 31 ottobre di quell’anno, peraltro, la radiazione verrà cancellata per un’amnistia generale seguita alla liberazione di Roma.

Dà rifugio a Bruno Buozzi, poi ucciso dai nazisti

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 ospita clandestinamente nella sua abitazione ai Parioli Bruno Buozzi, politico e sindacalista già perseguitato dal fascismo e impegnato nel contrastare l’ingresso dei tedeschi a Roma. Dopo qualche settimana però il 62enne Buozzi, che usa la falsa identità di Mario Alberti (un ingegnere di Benevento), lascia casa Ferraris e si trasferisce nell’abitazione del colonnello Longo, antifascista. Nell’aprile 1944 Buozzi viene catturato dai fascisti e ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla testa, il 4 giugno 1944 a La Storta, sulla via Cassia, da un gruppo di S.S. naziste in fuga da Roma, proprio mentre gli Alleati entrano nella Capitale.

L’episodio di Buozzi ospite segreto di Ferraris è raccontato da Antonio Maglie (giornalista con una lunga militanza nel Corriere dello Sport) nel libro “Bruno Buozzi, il padre del sindacato“. Non si trovano però fonti sicure su questa vicenda. Interpellato da “Storia della Roma” Maglie ci ha spiegato che il racconto di questo episodio si è tramandato per via orale negli anni, ma non ci ha saputo indicare la sua fonte.

Attilio Ferraris sigaretta

Ferraris con l’inseparabile sigaretta in una foto del 1935

Il Bar a via Cola di Rienzo e la morte in campo

Dopo la liberazione di Roma (4-5 giugno 1944) Attilio Ferraris intraprende una nuova redditizia attività lavorativa: gestisce una serie di sale da gioco, la prima delle quali a via del Tritone 125, dove si trova, all’epoca, la sede della Roma. Trova finalmente quella stabilità economica che in passato, sperperatore incallito, non aveva trovato facendo l’atleta. Già all’inizio degli anni ’30, quando era calciatore, era diventato proprietario del Bar Ferraris in via Cola di Rienzo 230: lo stesso Attilio si fa vedere spesso nel suo bar, gestito con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle, che diventa luogo di ritrovo dei tifosi e rivendita dei biglietti delle partite della Roma.

Per lavoro, a metà degli anni ’40, si trasferisce a Montecatini, ma la passione per il calcio è sempre viva e, appena può, continua a scendere in campo in partite amichevoli o tra amici. Proprio in occasione di una di queste sfide, quella del pomeriggio dell’8 maggio 1947 tra “vecchie glorie” e “goliardi”, trova la morte in campo: al 40’ minuto di gioco stacca di testa per contrastare un avversario e ricade a terra colpito da un infarto sul campo di Montecatini. Sembra accertato (perché ne parlano molti giornali dell’epoca) che, prima del match, Ferraris abbia un cattivo presentimento e dica, scherzando: «Non mi fate fa’ la fine de Caligaris», alludendo a Umberto Caligaris, grande terzino della Juventus, morto il 19 ottobre 1940 per un aneurisma durante una gara tra ex calciatori.

Attilio Ferraris

Ferraris anziano ancora in campo

La nazionale con il lutto al braccio per Attilio

Il calcio italiano piange il vecchio campione: tre giorni dopo la tragedia, l’11 maggio, la nazionale italiana, composta per dieci-undicesimi da giocatori del Torino (a parte il portiere Sentimenti IV della Juventus), gioca con il lutto al braccio per ricordare “l’omo de fero” romanista. A Torino gli azzurri superano 3-2 l’Ungheria del giovane Puskas. In panchina c’è ancora il ct Vittorio Pozzo, grande estimatore di Ferraris IV tanto da averlo voluto con sé ai Mondiali del 1934. Sembra quasi un’accortezza del destino che il nostro capitano sia Pietro Ferraris (come già detto, non era parente del grande Attilio), che peraltro in quell’occasione disputa la sua ultima gara in azzurro.

Nazionale 1947

La nazionale con il lutto al braccio per Ferraris IV l’11 maggio 1947

Sulla sua tomba in marmo bianco, nel cimitero monumentale del Verano, viene incisa la scritta “Attilio Ferraris IV Campione del Mondo”. Durante il funerale, che si celebra il 12 maggio nella chiesa di Santa Maria in Traspontina a via della Conciliazione 14, l’amico Fulvio Bernardini legge un commovente necrologio in onore del compagno di tante battaglie. Proprio a Bernardini, durante la sua militanza giallorossa, Attilio aveva ceduto i gradi di capitano giallorosso, ritenendolo più bravo. Il 10 ottobre 1988 il consiglio comunale di Roma istituisce in sua memoria, nei pressi dello Stadio Olimpico, largo Ferraris IV.

La vedova di Attilio, Dorina Albertini (nata e cresciuta in Emilia), muore nel 1984 e viene sepolta al Verano, accanto al marito. Papà Secondo scompare nel 1959.

Ferraris IV tomba

La tomba di Attilio Ferraris IV al cimitero del Verano di Roma

Fonti: “112 anni fa nasceva Attilio Ferraris” in www.asroma.com.
Il Romanista dell’11 novembre 2007 e altre edizioni.
Archivio La Stampa.
Il Littoriale, annate varie.
L’Impero (quotidiano di Roma), anno 1927.
www.asromaultras.org.
www.laziowiki.org.
Almanacco Illustrato del Calcio 1947.
Agendina Barlassina 1940-41 e 1941-42.
Foglio degli annunzi legali della provincia di Roma del 26-6-1936 (per l’indirizzo esatto del Bar Ferraris)
Unione Tifosi Romanisti.
Il Calcio Illustrato n°38 del 1964.
“Tutti gli uomini che hanno fatto grande l’As Roma” di Adriano Stabile.
“Storia illustrata della Nazionale di calcio” a cura di Leone Boccali.
“(La) Roma, una vita” di Fulvio Stinchelli.

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